Biove Semintegrali con Biga Acida
(13/04/2019)

Questo pane avrebbe dovuto chiamarsi Biove a Modo Mio, perché è identico, come filosofia di produzione, alle Mantovane a Modo Mio, che ho fatto qualche tempo fa. Ma in realtà Biove più o meno come queste ne avevo fatte tante in passato, e basta guardare all'elenco delle ricette. Ne cito una per tutte: le Biove Semintegrali, le mie prime Biove di 10 anni fa, quando ancora i miei impasti erano approssimativi.
Le novità di questa volta sono tante, a cominciare dalla Biga Acida, che cambia davvero completamente lo sviluppo dell'impasto nella lievitazione, e poi le nuove farine, il forno elettrico, fino alla mia comprensione di come deve essere un impasto. Quindi è un pane completamente diverso da quelli del passato, e poiché il risultato è stato moderatamente positivo, nonostante qualche difetto evidente, ho deciso di presentarlo subito. Poi ci sarà tempo, se ci sarà un po' di tempo, di correggere i difetti e migliorarlo ancora. Per il momento si parte dalla solita Biga Acida:

100 gr di Farina Antiqua Tipo 2
40 gr di yogurt greco Fage
20 gr di acqua Sant'Anna
0.150 gr (150 milligrammi) di lievito di birra fresco

Impasto fino ad ottenere la completa distribuzione dell'acqua e metto in ciotola a TA (22-23 ºC) per 24 ore, quando è diventata così


L'impasto finale:

la Biga a pezzetti
200 gr di farina Antiqua Tipo 1
200 gr di farina Antiqua Tipo 2
275 gr di acqua Sant'Anna (65% di idratazione totale)
12 gr di sale
5 gr di lecitina di soia

Metto le farine con 235 gr di acqua in autolisi in frigo per 1 ora e mezza. Sciolgo la lecitina nei rimanenti 40 gr e metto in frigo per lo stesso tempo. Poi metto tutto in ciotola, Biga e sale compresi

Impasto con il gancio, qualche minuto a velocità minima per amalgamare e poi 7-8 minuti a velocità 2. Porto poi l'impasto sul marmo infarinato, faccio qualche piega, pirlo un poco a pagnotta, e metto in ciotola

Dopo 20 minuti faccio una doppia serie di pieghe a tre (qui un video dimostrativo), che ripeto dopo altri 20 minuti

Lascio lievitare chiusa per un totale di 2 ore e mezza, quando è così

Dò una leggera pirlatura e, con l'aiuto di una bilancia divido in due parti facendo una preforma tonda (un video dimostrativo)

Lascio riposare coperte per 20 minuti, poi per ognuna delle due formo a cilindro e lo schiaccio in una striscia con un mattarello, poi arrotolo

Metto i due rotoli contrapposti testa a testa, con dei blocchi per impedirne lo sviluppo longitudinale

Lascio lievitare coperti per 1 ora e mezza, poi taglio ognuno dei due rotoli a metà e ne incido profondamente il centro

Nel frattempo ho portato il forno a 240 ºC ventilato, per scaldare più efficientemente la pietra. Prima di infornare passo a 230 ºC statico. Appena infornato produco molto vapore spruzzando acqua sulle pareti del forno (e sul pane) e rovesciandone una tazzina sul fondo del forno. Ripeto l'operazione dopo 5 minuti. Dopo 10 minuti abbasso a 190 ºC per 20 minuti, poi a 180 ºC per 15 minuti, gli ultimi 5 con lo sportello in fessura. Questo il risultato

Conclusioni

Esteticamente sono delle Biove davvero brutte, ma la ragione è più strutturale. Quando ho cercato di laminare l'impasto, questo si è rivelato abbastanza gonfio di aria, direi il giusto, ma ancora estremamente elastico, difficile da stendere. Infatti mi sono venute delle strisce molto più corte e più spesse di quelle del passato, e anche più irregolari, che si è tradotto in rotoli con meno avvolgimenti e un poco asimmetrici. La ragione sta nella Biga Acida che, come la pasta madre, produce alla fine una mollica più soda ed elastica, e più umida, rispetto al solo lievito di birra. Quindi per avere una buona laminazione devo allungare un po' il tempo della prima lievitazione o usare una laminatrice, come la macchinetta per la sfoglia.
Un altro difetto è stato lo scarso sviluppo in cottura. Scarso relativamente a quello che mi aspettavo di ottenere, ma l'alveolatura, pur minuta e abbastanza uniforme, è abbastanza aperta, con qualche accenno ad un vuoto centrale che era invece sempre presente nelle mie Biove precedenti. È probabile che anche la seconda lievitazione in rotoli richieda del tempo in più.
Ma veniamo agli aspetti positivi, che se non ce ne fossero stati questa ricetta non avrebbe mai visto la luce.
Prima di tutto la consistenza in bocca. Crosta asciutta e croccante, con un leggerissimo sentore di tostato, friabile senza durezza, e una mollica piena, morbida e leggera allo stesso tempo.
Poi un ottimo sapore, che mi spinge a cercare di utilizzare di più questo particolare mix di farine, in cui nessuna delle due predomina ma entrambe contribuiscono.
Se riuscissi ad ottenere una alveolatura solo un poco più aperta, e una forma meno sgorbia per appagare anche l'occhio, avrei ottenuto uno dei miei pani migliori.

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